Metropoli. L’Autonomia possibile

Appunti per una prefazione: 1977 – 2007, il filo rosso della sovversione.

Trent’anni son passati da quell’anno di fuoco che fù il ‘77 italiano: trent’anni dalla cacciata di Lama da La Sapienza,
trent’anni dagli scontri con i fascisti all’università, trent’anni
dagli scandali democristiani e dalla burocrazia piccista, trent’anni
dalla dicotonomia di “sacrificio!” e “vogliamo tutto!”, trent’anni
dagli assassini polizieschi di Francesco Lorusso e Giorgiana Masi, trent’anni dalla questione morale e dai carri armati a Bologna,
trent’anni dagli assalti all’università dei baroni e dalla rivoluzione
culturale dei circoli del proletariato giovanile, trent’anni dalla
linea di confine tra Brigate Rosse e p38, trent’anni dalla fuga del
criminale nazista Herbert Kappler dal Celio, trent’anni dal movimento
delll’Autonomia e dagli scontri di piazza, trent’anni dall’agguato fascista a Walter Rossi, trent’anni dal convegno contro la repressione a Bologna,
trent’anni di molte altre cose, soprattutto di una sconfitta non
interiorizzata, di un’insurrezione soffocata da eroina carcere ed
esilio, di un frastuono di barricata che magari ora non sentiamo più,
ma che tornerà, ripartendo dal lascito passato, come una reale rivoluzione che viene. Ma il 1977 è il passato, asciughiamoci le lacrime e conserviamo i ricordi, il nostro tempo è qui e comincia adesso.

Quando si parla di ‘77, di anni settanta, si corre sempre il rischio di
fare un’operazione nostalgica, fine a sè stessa: è indubbio che il
movimento antagonista venga da lì, è la nostra storia. Le lacrime per i
compagni uccisi, i ricordi delle fotografie d’archivio, i rimorsi per
non esserci stati, la gioia e la rabbia per quel che fù, sono naturali
agli occhi di chi, oggi, ha ancora in serbo il tentativo di cambiare
questa società, di ribaltare schemi e strumenti d’agire, di creare
conflitto. Ma bisogna rimanere su questa linea d’onda, attualizzare gli
anni settanta per poter affrontare il presente, per sabotarlo,
riprendendo quel filo rosso ininterrotto che ci lega ad allora, senza
commettere gli stessi errori, leggendo al meglio il presente, e quindi
il futuro.

militanteautonomo
Chi vorrà conoscermi mi troverà nei miei scritti, anche se ciò non
potrà che essere parziale: la militanza è una cosa seria, reale; il
blog non è altro che uno degli strumenti a disposizione per poter
contribuire a fare, in un modo o in un altro, contro-informazione.

Militante autonomo e comunista, nemico di istituzioni e partiti,
allergico a governi e potere, tifoso del conflitto sociale, libero da
ogni benpensante moralismo: “vogliamo tutto”, e subito.

Sogno di fare del giornalismo militante la mia professione, inizio con il blog.

metropoli.noblogs.org

Questo blog “Metropoli. L’Autonomia possibile” parte da qui, prendendo
tra le mani questo benedetto filo rosso che non ci stanchiamo di
stringere tra le mani, con l’intento di capire studiare raccontare, le
commemorazioni possono essere belle ma sono ferme nel tempo della
storia, una volta applaudito ce ne se ritorna a casa, con il cuore
gonfio ma con la rabbia immutata. “Metropoli. L’Autonomia possibile”
arriva da molteplici esperienze, variopinte e banali, brevi ma intese,
lunghe ma vuote: Intifada Globale, Radio Insurgente, Rivoluzione Che Viene,
Metropoli. L'Autonomia possibile, e non ha smesso di cercare quei percorsi di autonomia e conflitto che,
presuntuosamente, ha l’orgoglio di ritenere suo nucleo fondante.

E’, ovviamente, tutto temporaneo, come temporanea è questa mia “temporary autonomous zone”
sottratta alle branchie dell’informazione ufficiale, bugiarda e
chiassosa, costruendo contropotere, tentando di fare reale controsapere.

“Metropoli. L’Autonomia possibile”
E’, simbolicamente, importante spiegare il significato di questo
titolo, le ragioni che stanno dietro ad una scelta precisa pensata e
vanitosa (..).

Metropoli era un importante periodico dell’Autonomia Operaia.
Venne alla luce nel 1979, sul riflusso del movimento del ‘77 e
sull’apparato repressivo imbastito ad hoc, causa di sordi decenni di
galera, di intelligenze buttate nel mare della droga, di vite costrette
a star lontane dalla propria terra. Aveva due redazioni principali,
Milano e Roma, era meno capillare di Rosso ma aveva i numeri per
sfondare. Il primo numero della rivista autonoma vide la luce nei primi
giorni del giugno 1979, venendo sequestrato da tutte le edicole pochi
giorni dopo, parlava del riflusso del movimento e delle sue prospettive
ciecate, inchiestava sulla situazione polacca e trattava di cinema, si
presentava con un fumetto sul rapimento Moro, conclusosi solo l’anno
precedente, il 9 maggio 1978. Nonostante tutte le trafile giudiziarie,
Metropoli uscì ancora con altri sei numeri.

Contestualizzare è fondamentale per capire: solo due mesi prima della pubblicazione c’era stata la famosa operazione “7 aprile”,
appoggiata in toto dal Partito Comunista Italiano, il teorema Calogero
aveva imbrigliato tutta l’area dell’Autonomia, si rivelerà un bluff ma
c’era chi già marciva in carcere e chi tentava una fuga dell’ultim’ora.
L’Autonomia Operaia, accusata di essere la mente del sequestro Moro,
si scioglieva come neve al sole dinnanzi alle bugie dello Stato; una
rivista usciva in edicola con una ricostruzione fumettistica,
strenuamente politica, certamente non tecnica, del sequestro Moro: era
Metropoli. Era la conferma, per i magistrati, di quel che Calogero
sosteneva goffamente: Autonomia = Brigate Rosse, cioè che, come
racconta l’allora redattore Paolo Virno, “Autonomia e Metropoli,
rivista dentro l’Autonomia, fosse in realtà la direzione di tutta la lotta armata nazionale“..
Il fumetto “16 marzo”, invece, non era altro che un modo per riportare
in auge le responsabilità politiche dell’affaire Moro, tutte da
addossare allo Stato ed al sistema dei partiti, che, con la loro
arroganza e cecità, bypassarono la vita di Aldo Moro, sporcandosi la coscienza per sempre, in nome di una “ragion di Stato” da parte di uno Stato da seppellire.


Conclusioni

Grazie al collettivo torinese .Zip
abbiamo modo di poter riprendere il “materiale incriminato”, che io
sono felice di pubblicare e mettere a disposizione nel mio blog. Ed io
riparto da qua, dal fumetto “16 marzo”: per
rivendicare questa storia collettiva, senza fare un passo indietro.
Denunciatemi per “fiancheggiamento del terrorismo”, nonostante le carte
processuali abbiano dato un responso ben diverso, e anche nel caso in
cui fosse andato diversamente, rivendicherei tutto lo stesso: questa è
una storia collettiva, di uomini e donne che ci hanno creduto, hanno
combattuto, morendo sopravvivendo ricordando o credendo di
dimenticarsene.
Il ‘77 non è il ‘68,
quest’ultimo ha rifocillato la classe dirigente di questo malato paese,
prendendo il posto del “vecchio” e riproducendo il suo malconcio
copione, il primo, invece, ha tentato l’assalto al cielo, forse
perdendo, ma non vendendo tutto il giorno successivo, probabilmente è
anche per questo che l’anno 1977 continua a far paura.
Fate bene ad averne.. tornerà.

“Ce l’hanno fatta pagare cara ma ci siamo divertiti un casino”
Paolo Pozzi in Insurrezione, ed. Deriveapprodi, 2007.


Torino, ottobre 2007. militanteautonomo.

Documenti di .Zip sul fumetto “16 marzo”
Fumetto “16 marzo”
Editoriale
(riflessione sull’amnistia per i detenuti politici degli anni settanta, ndr)
Intervista a Paolo Virno
, allora redattore di Metropoli

Fumetto “16 marzo” sul blog “Metropoli. L’Autonomia possibile”
Fumetto “16 marzo”

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